lunedì 9 luglio 2012

Una guerra dimenticata

Se si dicesse che l’Italia nel 1968 ha combattuto una guerra, nessuno ci crederebbe o comunque la si interpreterebbe senso metaforico. In effetti definire “guerra” i fatti che sono avvenuti a fine giugno 1968 al largo delle coste riminesi è forse eccessivo ma così la definisce Giorgio Rosa, protagonista di quelle vicende, aggiungendo: “l’unica che l’Italia sia stata capace di vincere”. Ma andiamo con ordine: lo “stato” sconfitto in questa guerra era l’Isola delle rose o per meglio dire Insulo de la Rozoij. Non si trattava di una vera isola: era infatti una piattaforma artificiale posta a 11,615 Km al largo della costa riminese, quindi (per le leggi di allora) fuori dalle acque territoriali italiane. L’isola fu voluta dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa e realizzata dalla SPIC (Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento), costituita proprio con quello scopo e diretta dalla moglie di Rosa.  Lo scopo originario era di creare un posto turistico libero dai tanti impedimenti burocratici italiani; l’isolotto doveva contenere un bar e un’osteria oltre ad altre attività turistico commerciali. L’idea venne all’ingegnere nel 1957 ma i lavori cominciarono solo nel 1964 e si completarono nel 1968 ( benchè l’isola fosse stata aperta al pubblico il 20 agosto 1967). Durante i lavori le autorità italiane si opposero alla costruzione della piattaforma poichè si diceva che il territorio su cui sorgeva era affidato all’Eni. Per non avere più nulla a che fare con l’Italia il I maggio 1968 Rosa e alcuni suoi collaboratori tennero consiglio per formare un  governo e dichiararono l’isola indipendente: la forma di governo era una repubblica con tanto di presidenza del consiglio e cinque dipartimenti, primo presidente della repubblica fu lo stesso Giorgio Rosa. Per rimarcare la distanza dall’Italia si scelse come lingua ufficiale l’Esperanto e come valuta il Mill il cui cambio era di 1:1 rispetto alla lira italiana. L’isola non emise mai monete ma i Mills circolavano sotto forma di francobolli; era dunque nata l’Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj . In quel periodo era già successo che una piattaforma in mezzo al mare fosse dichiarata stato autonomo: è il caso di Sealand residuo di una fortezza marittima Munsell usata dalla Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale. Posta a circa 10 Km al largo del Suffolk fu occupata il 2 settembre 1967 dal pirata radio inglese Roy Bates che ne dichiarò l’indipendenza facendo nascere il principato del Sealand. Questo stato è tuttora esistente (benchè non sia riconosciuto ufficialmente da alcun paese) nonostante abbia avuto un colpo di Stato, poi sventato con una vera e propria azione militare con tanto di un elicottero da guerra e mercenari. L’azione ha comportato un caso diplomatico con la Germania: il responsabile del colpo di stato era un cittadino tedesco che fu trattenuto come ostaggio.  Al contrario di questo principato l’Isola delle rose ebbe una vita molto breve.  Infatti il 25 giugno 1968 la guardia di Finanza fece un blocco navale intorno alla piattaforma e la occupò insieme coi carabinieri. Piero Civata e consorte, al momento le uniche persone che si trovavano sull’isola, furono riportate in Italia. L’isola delle Rose divenne oggetto di diverse incheste parlamentari: un rappresentante del MSI parlò di violazione del suolo patrio. Altri fecero ipotesi che oggi diremmo uscite dalla mente dei teorici del complotto: secondo i servizi segreti era una base per l’attracco di sommergibili sovietici, secondo Zangheri, futuro sindaco di Bologna, si tratterebbe di un’azione destabilizzante da parte del leader albanese Hohxa. Alla fine fu presa la decisione di distruggere la piattaforma nonostante un telegramma diretto al presidente Saragat in cui Rosa chiedeva lo sgombero dell’isola, e altri tentativi legali per salvare il ministato. L’11 Febbraio 1969 gli artificieri fecero esplodere una prima carica che danneggiò la struttura senza però farla inabissare, due giorni dopo ci fu una seconda esplosione e l’isola si piegò senza affondare secondo il più classico Flangar non flectar. Come molto spesso accade ciò che non riesce all’uomo lo compie la natura e così il 26 febbraio una burrasca fece affondare l’isola. La breve esperienza della Repubblica esperantista dell’isola delle rose ebbe così fine. Di lei rimane qualche tubo rinvenuto nel 2008 da alcuni sommozzatori e diversi francobolli ma soprattutto rimane l’ingegner Rosa, tutt’ora vivente a Bologna. Non è più tornato a Rimini e non esercita più il diritto di voto (eccetto che nel ’94 e nel ’99 entrambe le volte deluso da chi aveva votato). Non era giovanissimo all’epoca dei fatti(essendo nato nel 1925) e nemmeno di sinistra, definendosi un liberale indipendente, ma è stato l’unico a compiere un atto davvero rivoluzionario costruendo dal nulla più assoluto un piccolo stato contro il parere dei potenti. Il sogno è finito presto ma come recita uno dei francobolli emessi dall’Isola delle Rose Hostium rabies diruit opus non ideam.


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